Questa è la fine dell’umanità.
Di tutte le persone che conoscevo non sono rimasto che io, e il mondo così come lo conosco da sempre sta per svanire ai miei occhi.
Ricordo quando, tanto tempo fa, gli scienziati dissero che il pianeta era destinato ad esplodere e che nel giro di neanche mezzo secolo al suo posto si sarebbero trovati tanti frammenti di roccia, piccolissimi o grandissimi (non ho mai capito del tutto il concetto di misura nello spazio aperto).
Non c’era sistema di impedire questa catastrofe, l’unico modo per salvarsi sarebbe stato quello di spostarsi sugli altri globi abitabili, lontani o vicini (anche la distanza assume un senso strano nell’infinità).
Per due tristi anni (suona ridicolo il metro del tempo nell’eternità) ho osservato il genere umano salire lentamente a bordo delle navi per veleggiare nel cosmo verso terre ancora ospitali. E ogni giorno io ho scelto di restare.
Anche mia madre e mio padre sono partiti.
Fu straziante, per loro, sapermi condannato a morte certa… ma non lo siamo tutti?
Altrettanto doloroso fu per me vederli salpare, insieme agli altri, per un viaggio di sola andata.
Compresa mia moglie… mi strappò nostro figlio dalle braccia e se lo portò via all’improvviso, infilandomi in tasca uno stupido biglietto in cui era scritto solo “Perdonami”.
Credo di averlo fatto.
Al posto suo, forse, avrei agito esattamente così.
Non c’è giorno in cui io non abbia pensato a lui.
Non ho mai più avuto notizie di nessuno.
Ora che sono davvero solo, mi chiedo quale sia il senso di tutto questo.
Perché resistere così a lungo?
Cosa siamo noi, se rapportati alla vastità dell’universo?
A cosa valgono le tante conoscenze umane di fronte all’immenso?
Perché sopravvivere dove non esiste più nessuno da amare?
Che senso ha il viaggio se l’ultima fermata è deserto?
Di tutte le ragioni che ci hanno costretti a restare incollati a questo pianeta non ne è rimasta che una: la speranza.
Le altre si sono dileguate come fumo nel vento.
Eravamo un bel gruppetto all’inizio, accomunati dalle stesse paure, ma non per la fine che ci era stata predestinata.
Adesso che la morte è vicina non temo più perché mi sembra di esser già morto tanto tempo fa. Non so più cosa sia la vita.
Siamo stati degli illusi a credere che avremmo potuto ricominciare e ripopolare le strade del mondo.
Un errore, così come si erano sbagliati gli scienziati nel calcolare gli eventi che si sarebbero susseguiti.
E chi può biasimarli del resto?
Come pretendere di prevedere fenomeni come il disintegrarsi di un asteroide lontano, o il raffreddamento di un minuscolo nucleo, o l’annullamento di forze incontrollabili e primordiali?
Qualsiasi cosa sia successa, non lo sapremo mai.
In un modo o nell’altro, il pianeta è sopravvissuto, anche se la razza umana è praticamente scomparsa dalla sua faccia.
Si sono susseguiti molti soli e molte lune.
Ho sentito morire i vecchi e nascere i figli.
Li ho guardati partire alla ricerca di qualcosa senza mai vederli tornare indietro.
Non parlo più con qualcuno da non so quanto tempo ormai, non ha più importanza.
Lascio queste parole nella speranza che qualcuno nello spazio le raccolga e torni a dominare queste lande che ho amato follemente.
Chiudo gli occhi e vorrei essere già terra, roccia, mare, sole e vento, e continuare a perdermi per ritrovarmi, insieme a tutto.
Poiana 16 Settembre 2015
Molto bello ed in certo senso angosciante.
alicetraforti 16 Settembre 2015
Grazie Poiana! Ci sono molti fattori inquietanti, appena accennati, ma presenti. Sono contenta di aver suscitato qualche riflessione nei lettori! Grazie della lettura e del commento 🙂